TERAPIA SOPPRESSIVA CON LEVOTIROXINA DEL NODULO TIROIDEO
La terapia soppressiva con levotiroxina nei pazienti con noduli della tiroide non è più consigliata dalle principali linee guida internazionali nonostante sia stata impiegata per molto tempo. Scopriamo perchè.
INTRODUZIONE
Il nodulo tiroideo rappresenta una delle patologie tiroidee più frequenti con una prevalenza stimata fino al 60-70% nella popolazione generale. Il nodulo tiroideo può essere unico (nodulo tiroideo singolo) o associato ad altre formazioni nodulari (gozzo o struma multinodulare).
Nella maggior parte dei casi la tiroide con noduli conserva una normale funzione (gozzo normofunzionante) ma in alcuni casi può funzionare più del necessario (gozzo iperfunzionante o tossico).
Una volta esclusa con l’agoaspirato la possibilità che un nodulo tiroideo sia un tumore (prenota un agoaspirato tiroideo), le opzioni terapeutiche attualmente disponibili per le formazioni benigne sono rappresentate dalla terapia soppressiva con levotiroxina (argomento di questo articolo), dalla chirurgia e dalla terapia radiometabolica a cui si è recentemente aggiunta anche la termoablazione (laser o con radiofrequenze).
TERAPIA SOPPRESSIVA
La terapia soppressiva con levotiroxina (Eutirox, Tirosint, o nuove formulazioni come Tiche, Syntroxine) ha come finalità la riduzione dimensionale del nodulo o quantomeno la sua stazionarietà volumetrica nel tempo. Questa terapia si basa sul principio che, somministrando l’ormone tiroideo, si riduce il valore del TSH, il principale fattore di stimolo alla crescita dei noduli, e conseguentemente si dovrebbero ridurre anche le dimensioni dei noduli. Sostanzialmente, con la somministrazione di levotiroxina si determina una condizione di ipertiroidismo subclinico iatrogeno, finalizzata a ridurre le dimensioni dei noduli.
Tuttavia, i dati scientifici disponibili sulla terapia TSH-soppressiva con levotiroxina non sono univoci, con evidenze sia a favore che contro l’efficacia di tale terapia nel nodulo tiroideo che rimane, tutt’ora, argomento di dibattito.
La terapia soppressiva con levotiroxina veniva prescritta, soprattutto in passato, sulla base di alcuni studi che ne evidenziavano l’efficacia nel ridurre il volume del nodulo tiroideo o nell’arrestarne la progressione. Secondo alcuni studi, i fattori in grado di predire un’eventuale risposta alla terapia con levotiroxina sono le dimensioni contenute della lesione (volume <5 ml o diametro massimo <2 cm), una modesta componente liquida (<30%) e la presenza di abbondante colloide all’esame citologico dopo agoaspirato.
Tuttavia, studi e metanalisi successive hanno dimostrato che la terapia con levotiroxina non è in grado di influire in modo significativo sulla storia naturale del nodulo tiroideo. Inoltre, la maggior parte degli studi randomizzati e controllati non ha dimostrato una riduzione del volume nodulare in corso di terapia soppressiva. Anche i risultati sulla stabilizzazione del volume nodulare (prevenzione dell’aumento volumetrico nel tempo) sono piuttosto negativi nei confronti dell’uso della levotiroxina, tenuto conto anche del fatto che la maggior parte dei noduli, anche senza trattamento, non mostra tendenza spontanea all’aumento di volume o cresce molto lentamente.
Inoltre va considerato che la semplice riduzione dimensionale del nodulo non rappresenta necessariamente un evento clinico rilevante. In sostanza avere un nodulo tiroideo di 10 mm o di 15 mm, non cambia la sostanza per il paziente. Sempre sulla base di alcune recenti meta-analisi, oltre alla dimostrata inefficacia, si è dimostrato che la terapia con levotiroxina è gravata da effetti collaterali non trascurabili. Infatti, se il suo rapporto di rischio/efficacia è più o meno accettabile prima della menopausa, dopo questa il rischio di favorire lo sviluppo di osteoporosi diventa clinicamente significativo. Attualmente la diagnosi di osteoporosi può essere effettuata anche senza radiazioni (Densitometria Ossea REMS). Inoltre, tale terapia favorisce l’insorgenza di ansia, tachicardia, extrasistoli ed in alcuni casi aritmie cardiache più rilevanti (fibrillazione atriale) (prenota una visita cardiologica). Sulla scorta di queste considerazioni, si ritiene che il ricorso alla terapia soppressiva con levotiroxina debba essere di molto ridimensionato rispetto al passato, se non addirittura abolito.
In sostanza, con la terapia soppressiva con levotiroxina (LT4) la riduzione dimensionale del nodulo non si ottiene quasi mai, al massimo si può ottenere l’arresto della crescita, tenendo presente che i noduli tiroidei, anche se non trattati, solitamente non presentano una significativa tendenza all’accrescimento nel tempo. Pertanto, soprattutto in età menopausale, il trattamento dovrebbe essere riconsiderato. Quando intrapresa, la terapia non dovrebbe essere completamente soppressiva sul TSH, ma dovrebbe limitarsi a portare il TSH a valori inferiori alla norma ma ancora misurabili. Infine, il trattamento dovrebbe protrarsi al massimo per 1-2 anni, e poi proseguito solo nei pazienti con evidente efficacia e che non presentino controindicazioni o effetti collaterali.
CONCLUSIONI
In conclusione si può affermare che il trattamento soppressivo con levotiroxina per il nodulo tiroideo benigno non è un trattamento da utilizzare di routine.
Questo può essere preso in considerazione in:
– pazienti giovani
– noduli di dimensioni contenute (volume < 5 ml o diametro massimo < 2 cm)
– noduli con scarsa componente liquida (< 30%)
– noduli con abbondante colloide all’esame citologico.
Invece è controindicato in:
– gozzi voluminosi
– noduli con autonomia funzionale
– lesioni indeterminate (TIR3)
– donne in postmenopausa
– uomini di età superiore a 50 anni
– pazienti con massa ossea ridotta o osteoporosi
– pazienti con aritmie cardiache
– pazienti con malattie sistemiche severe
Quando viene effettuata, la terapia deve riportare il TSH a valori inferiori alla norma ma non completamente soppressi. L’efficacia del trattamento deve essere monitorata, e la terapia sospesa in caso di mancata riduzione volumetrica del nodulo dopo due anni di trattamento continuativo.
Prenota una visita specialistica endocrinologica in merito a questo argomento.
Dott. Massimiliano Andrioli
Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio
Centro EndocrinologiaOggi, Roma
viale Somalia 33A, Roma
tel/fax 0686391386
cell 3337831426
Studio EndocrinologiaOggi, Lecce
via Ruffano 4, Casarano (Lecce)
tel/fax 0686391386
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