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RADIAZIONI, IODIO, TIROIDE IN EMERGENZA NUCLEARE

RADIAZIONI, IODIO E TIROIDE IN EMERGENZA NUCLEARE 

 

INTRODUZIONE

In virtù dell’attuale situazione in Ucraina, cosa sapere in caso di un’emergenza nucleare?
E’ bene sapere che, in caso di incidente nucleare, nell’ambiente possono essere rilasciate diverse sostanze nocive, tra cui: plutonio (che può causare tumori del polmone), cesio-137 (che determina problematiche prevalentemente muscolari), stronzio-90 (che può causare tumori ossei e leucemie) e, soprattutto, lo Iodio-131 (131I) (iodio radioattivo che può causare problemi alla tiroide).
Ovviamente l’entità del danno provocato sugli esseri umani dipende, dal tipo di radiazione assorbita e dalla sua intensità (che dipende, a sua volta, anche dalla distanza dall’evento nucleare).
Infatti, nelle persone che si trovano nelle immediate vicinanze (alcuni km) dalla fuga radioattiva, i danni maggiori e più precoci riguardano soprattutto il midollo osseo e l’intestino. Si può verificare una sindrome acuta da radiazioni caratterizzata da emorragie, anemia grave, elevata suscettibilità alle infezioni. Questa sindrome acuta da radiazioni si verifica solo per livelli di radioattività molto elevati e riguarda la popolazione in stretta prossimità della sorgente radioattiva. Questo scenario non può riguardare l’Italia, nell’attuale crisi Ucraina.
Per le popolazioni che vivono a maggiori distanze, invece, il rischio può essere legato al contatto con sostanze (aria o cibo) contaminate. Infatti, durante un incidente nucleare, lo iodio radioattivo è solitamente rilasciato nell’ambiente sotto forma di fumi o di nuvole radioattive.
Le modalità con cui lo iodio radioattivo può entrare all’interno dell’organismo umano sono due.
La prima è con l’inalazione, quando viene inalato direttamente con la respirazione.
La seconda è con l’ingestione; lo iodio radioattivo precipita con la pioggia e si deposita sul terreno contaminando frutta e verdura, che poi verrà ingerita dall’uomo. A questo proposito si ricorda come dopo Chernobyl moltissimi bambini si ammalarono perché, pur evitando le verdure, avevano bevuto il latte prodotto dalle mucche lasciate pascolare sull’erba contaminata attorno alla centrale nucleare.
I danni causati dallo lo iodio radioattivo alla tiroide dipendono dal fatto che quest’ultima è sostanzialmente l’unico organo del nostro corpo in grado di captare ed assorbire lo iodio (da cui vengono prodotti gli ormoni tiroidei).
Purtroppo, però, la tiroide non è in grado di differenziare tra iodio radioattivo (dannoso) e iodio stabile (non dannoso). Quindi in caso di incidente nucleare, se viene inalato o ingerito dello iodio radioattivo, la tiroide lo assorbe allo stesso modo di come farebbe con lo iodio stabile. Ma la sua radioattività potrebbe causare dei danni molto importanti. Tuttavia, se dello iodio stabile (non radioattivo) venisse somministrato preventivamente o all’inizio dell’esposizione radioattiva, l’assorbimento di quello radioattivo (dannoso) potrebbe essere ridotto o addirittura bloccato. E questo ridurrebbe notevolmente l’esposizione interna e i danni sulla tiroide.
Quindi, la somministrazione orale di iodio stabile (insieme al controllo di cibo e acqua potabile) può essere una valida soluzione per ridurre il rischio di eventi negativi sulle persone esposte a un rilascio accidentale di iodio radioattivo.

IODIO RADIOATTIVO E TIROIDE

Ma qual è la relazione tra iodio radioattivo e tiroide?
Abbiamo spiegato come la tiroide sia l’unico organo del nostro corpo in grado di captare ed assorbire lo iodio in quanto, a partire dallo iodio, produce gli ormoni tiroidei. Ed è stato anche già evidenziato che nell’assorbimento la tiroide non sia in grado di differenziare lo iodio stabile (buono) da quello radioattivo (dannoso). Pertanto, ne consegue che in caso di esposizione accidentale a iodio radioattivo, la tiroide sarà l’organo maggiormente colpito.La principale conseguenza dell’esposizione allo iodio radioattivo è lo sviluppo di tumori alla tiroide, come dimostrato dal notevole aumento di quest’ultimi in seguito all’incidente nucleare di Chernobyl (1986). Ovviamente, l’irradiazione della tiroide da parte di basse dosi di 131I non comporta necessariamente un danno clinicamente rilevante. La tiroide, infatti, è dotata di sistemi per la riparazione dei danni indotti da basse dosi di radiazioni a cui siamo costantemente esposti. Tuttavia, quando i danni da radiazioni eccedono la sua capacità riparatrice, si può verificare una problematica che è tanto più rilevante quanto è maggiore la dose (e la durata) di radiazioni a cui è esposta la tiroide stessa. Il rischio di tumore tiroideo aumenta significativamente per livelli elevati di radiazioni (> 100 mSv nell’adulto). E va ricordato che, come ci ha insegnato Chernobyl, tale neoplasia può comparire anche a 10-20 anni dall’evento nucleare.

SOGGETTI A RISCHIO – IODIO RADIOATTIVO

Se la tiroide è l’organo maggiormente colpito, quali sono i soggetti maggior rischio?
Indubbiamente, bambini e adolescenti sono i soggetti a maggior rischio di sviluppare neoplasie tiroidee, per diverse ragioni. Primo, un maggior tasso di assorbimento di iodio, rispetto all’adulto. Secondo, il raggiungimento di una maggior concentrazione di iodio nel tessuto ghiandolare (in virtù delle minori dimensioni della ghiandola stessa). A queste possono essere aggiunte cause esterne, come ci insegna la storia. Come accennato prima, il latte prodotto dalle mucche lasciate pascolare sull’erba contaminata attorno alla centrale nucleare di Chernobyl era radioattivo. E poiché i bambini consumavano più latte rispetto agli adulti, questo ha portato i bimbi ad essere colpiti in modo decisamente maggiore rispetto agli adulti. Nelle donne in gravidanza, il feto è particolarmente sensibile agli effetti nocivi delle radiazioni. In generale nel I trimestre, epoca in cui si formano gli organi, l’esposizione in generale a radiazioni può determinare malformazioni a vari organi. A partire dal II trimestre, quando la tiroide è già formata e funzionante, lo iodio radioattivo assorbito dalla madre potrebbe accumularsi nella tiroide del feto causandone, come minimo, un quadro disfunzionale (ipotiroidismo congenito). Ma è dimostrato che l’esposizione prenatale a I-131 può aumentare il rischio di cancro alla tiroide.In conclusione, in linea generale, si può affermare che, più giovane è l’individuo al momento dell’esposizione, maggiore è il rischio di sviluppare un tumore alla tiroide.
Un rischio elevato è presente anche nei pazienti con insufficienze renale, in virtù della loro ridotta capacità di eliminare le sostanze radioattive attraverso i reni.
Infine, è stato dimostrato che anche la carenza di iodio si associa ad un aumentato rischio di neoplasia tiroidea radio-indotta. La spiegazione del fenomeno è data dal fatto che la tiroide iodo-carente è più “affamata” di iodio e può captare più “voracemente” lo iodio radioattivo. E questo dovrebbe parzialmente rasserenarci perché, l’Italia, attuando una profilassi iodica ormai da anni, dovrebbe essere meno vulnerabile nei confronti dell’esposizione a basse dosi di radiazioni.

INTERVENTO IN CASO DI CONTAMINAZIONE DA IODIO RADIOATTIVO

Cosa, quando e a chi somministrare lo iodio in caso di incidente nucleare?
La somministrazione di iodio è un’opzione sicuramente valida per ridurre il rischio di tumore tiroideo nei soggetti esposti accidentalmente a iodio radioattivo. Tuttavia, va assunto prima o subito all’inizio dell’esposizione radioattiva (da poche ore dopo, al massimo fino a un giorno dall’inizio dell’emergenza). Dopodiché, non ha più senso. Nelle fasi successive, invece, va sempre contrastata l’ingestione di radioiodio, specialmente nei bambini, limitando il consumo di alimenti o acqua contaminata.L’agente più comunemente usato per proteggere la tiroide dallo iodio radioattivo è lo ioduro di potassio (KI). Sebbene quest’ultimo sia l’agente più usato, un’altra formulazione chimica, lo iodato di potassio (KIO3) è ugualmente valido, a parità di concentrazione di iodio.
La somministrazione di una dose sovra-fisiologica di iodio, sotto forma di ioduro di potassio (KI), può ridurre, fino a bloccare, l’accumulo dello iodio radioattivo all’interno della tiroide. Tuttavia, la somministrazione di questo farmaco non è indicata nei soggetti adulti-anziani a seguito di una dose di radiazioni modesta (< 100 mSv).
Lo iodio stabile può essere somministrato in compresse o in forma liquida.
Le compresse hanno il vantaggio di una più facile conservazione e distribuzione, oltre ai minori effetti collaterali gastrointestinali rispetto alla formulazione liquida. Le compresse possono essere anche frantumate e mescolate nei cibi (succhi di frutta, marmellata etc.).
In Italia, attualmente lo ioduro di potassio in compresse non è in vendita nelle farmacie (ma è disponibile on line). lo ioduro di potassio in formulazione liquida, invece, può essere acquistato (dietro prescrizione medica) dalla farmacia che ne prepara il galenico (soluzione di Lugol al 5%).
Sono invece attualmente acquistabili in farmacia alcuni integratori che contengono iodio, a dosaggi inferiori, iodio, tra cui citiamo:
–  Iosel (Ibsa Farmaceutici), che contiene anche 100 mcg di potassio ioduro;
–  Iodact (Lolipharma), che contiene anche 125 mcg di potassio ioduro;
Tirecol TIR (Fera Farma), che contiene anche 150 mcg di potassio ioduro;

La posologia da somministrare è indicata dalle linee guida dell’OMS (1999) e varia in base all’età. Tabella.
L’efficacia della somministrazione di ioduro di potassio, ovviamente, varia in relazione alla modalità di assunzione: è massima quando viene assunto in modo preventivo, iniziando uno-due giorni prima della contaminazione, per diminuire gradualmente con il passare del tempo. Può ancora aver un senso somministrare lo iodio fino a 8 ore dopo l’esposizione, dopodiché l’utilità della sua somministrazione cala progressivamente fino ad annullarsi nei giorni successivi l’incidente. Anzi è possibile che la somministrazione di iodio stabile 24 ore dopo l’esposizione possa causare più danni che benefici in quanto prolunga l’emivita biologica dello iodio radioattivo già accumulatosi nella tiroide.Di solito è sufficiente una singola somministrazione di iodio stabile. Tuttavia, nel in caso di importante esposizione prolungata e/o ripetuta, può essere necessario prolungarne l’assunzione fino a cinque giorni.

CONCLUSIONI

In conclusione, i soggetti che più probabilmente possono trarre benefici dal trattamento con lo iodio, e a cui si dovrebbe dare la priorità, sono: bambini, adolescenti, donne in gravidanza e in allattamento. Un’attenzione particolare anche ai soggetti che vivono in aree iodio-carenti che presentano un maggior ischio in caso di esposizione a iodio radioattivo.Non sembrano, invece, esservi particolari benefici per gli adulti di età superiore ai 40 anni.In caso di somministrazione ripetuta di iodio, i neonati e le persone con più di 60 anni sembrano essere quelli con maggior rischio di effetti collaterali.
È importante ricordare che lo KI deve essere assunto solo se raccomandato dalle autorità sanitarie locali, soltanto in seguito a prescrizione medica e sotto controllo medico.
Un’inappropriata assunzione di ioduro di potassio, infatti, può determinare alcune problematiche (cefalea, malessere, congiuntivite e lacrimazione, arrossamenti del volto, scialoadenite ma, soprattutto, può scatenare severe disfunzioni tiroidee (ipotiroidismo o ipertiroidismo), che erano latenti in soggetti predisposti. Pertanto, i pazienti con preesistenti problematiche tiroidee presentano un rischio maggiore di complicanze.
Il trattamento andrebbe evitato anche a chi presenta ipersensibilità o allergia allo iodio. In questi casi può essere preso in considerazione il perclorato di potassio (che solitamente “spiazza” l’assorbimento di iodio).

 

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Dott. Massimiliano Andrioli
Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio

Centro EndocrinologiaOggi, Roma
viale Somalia 33A, Roma
tel/fax 0686391386
cell 3337831426
Studio EndocrinologiaOggi, Lecce
via Ruffano 4, Casarano (Lecce)
tel/fax 0686391386

 

Bibliografia

– World Health Organization. Iodine thyroid blocking. Guidelines for use in planning for and responding to radiological and nuclear emergencies. 2017.
– Chianelli M e Papini E. Incidenti nucleari e danni da radiazioni: Focus sulle appropriate misure di prevenzione. Breaking News, AME N6 Marzo 2022

 

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