TERAPIA CHIRURGICA DELL’OBESITA’
Il ricorso alla chirurgia come metodica contro l’obesità (chirurgia bariatrica) si basa sul fatto che la riduzione del peso indotta da restrizioni dietetiche, associate o meno a modificazioni comportamentali o a terapia farmacologica (orlistat o altro), è spesso gravata da un’inaccettabile elevata incidenza di ri-guadagno del peso corporeo entro 2 anni dalla perdita di peso massimale.
Il paziente obeso diventa candidato ad un trattamento chirurgico quando dopo ripetuti tentativi dietico-comportamentali e/o farmacologici presenta un indice di massa corporea (BMI) ³ 40 o > 35 se sono presenti co-morbidita’.
Mentre le tecniche chirurgiche “malassorbitive” vanno riservate a quei pazienti gravemente obesi in cui e’dimostrata o prevedibile una incapacita’ ad adeguarsi alla riduzione degli introiti alimentari, quelle cosiddette “restrittive” necessitano di una “compliance” da parte del paziente, cioè l’accettazione di restrizioni dietetiche con l’impegno e la disponibilità ad essere seguito periodicamente nel post-operatorio per lungo tempo. La selezione dei pazienti candidati alla chirurgia bariatrica e la scelta del tipo di intervento deve scaturire da una collaborazione e co-operazione tra componenti mediche facenti parte di un team multi-disciplinare dove, oltre al chirurgo bariatra, un fondamentale ruolo spetta all’endocrinologo, allo psichiatra e allo psicologo dediti allo studio dei disturbi del comportamento alimentare, all’internista alimentarista con il personale di dietologia, ma anche a tutti quegli specialisti (cardiologo, pneumologo, radiologo, anestesista, etc) coinvolti nella valutazione e trattamento delle patologie associate all’obesità. (Prenota una visita cardiologica o pnemumologica).
Nell’approccio al paziente obeso, anche in presenza di un rigoroso rispetto delle indicazioni e a fronte di una importante e significativa efficacia delle diverse procedure chirurgiche bariatriche, non vanno assolutamente sottovalutate le possibili complicanze derivanti da questo tipo di chirurgia, sia in termini di vere e propria complicanze che di cosiddetti effetti collaterali. La conoscenza ed il riconoscimento di tali complicanze è pertanto il requisito fondamentale per poterle trattare al fine di ridurre la mortalità peri- e post-operatoria e migliorare la qualità di vita dei pazienti.
INTRODUZIONE
L’obesità rappresenta la più comune forma di malnutrizione con un’incidenza che continua a crescere rapidamente raggiungendo in taluni Paesi livelli percentuale tali da farla considerare una malattia in espansione epidemica. La terapia dietetico-comportamentale e farmacologia non ha effetti significativi e duraturi sulla cosiddetta obesita’ grave o morbigena (BMI > 40 e BMI > 35 in presenza di co-morbidità), cioè quella condizione spesso associata a malattie secondarie severe, progressive e debilitanti quali l’ipertensione (prenota una visita cardiologica), le malattie cardio-vascolari, il diabete, l’iperlipemia, l’osteo-artrite da carico articolare, la sleep apnea, l’infertilità e perfino talune neoplasie come i tumori ormonodipendenti e il cancro colo-rettale (2-6). Inoltre i gradi più estremi di obesità (BMI > 50) sono anche alla base di problematiche psico-sociali ed economiche severe in cui una vera e propria discriminazione sociale fa si che il soggetto obeso abbia reali minori possibilita’ di coinvolgimento nelle attività sia di studio che di lavoro (7-8). (Prenota una visita nutrizionistica). La terapia chirurgica dell’obesità rappresenta un’estrema possibilità ma anche l’unica soluzione con cui si può ottenere una riduzione significativa e duratura del peso corporeo con miglioramento o scomparsa delle co-morbidità associate. Sia negli USA che in Europa lo sviluppo e la diffusione di tali interventi (chirurgia bariatrica) ha raggiunto proporzioni notevoli con costi sociali non indifferenti (1-2). Attualmente oltre ad interventi in cui la perdita di peso si ottiene inducendo un malassorbimento per lo più per la componente grassa degli alimenti, esistono procedure chirurgiche in cui la perdita di peso si verifica grazie ad un obbligato minor introito alimentare, e pertanto calorico, indotto da una cosiddetta “restrizione gastrica”. Questi interventi mirano a ridurre significativamente la capacità volumetrica dello stomaco in modo da indurre un senso di sazietà precoce (3-4).
TIPOLOGIE DEGLI INTERVENTI BARIATRICI E LORO MECCANISMO D’AZIONE
RESTRIZIONE GASTRICA
I cosiddetti interventi “restrittivi” sono procedure che comportano una riduzione della capacità gastrica determinando calo di peso mediante un “obbligato” ridotto apporto di cibo e pertanto di calorie. Il meccanismo di azione di una “restrizione gastrica” con creazione di una piccola “pouch” gastrica si fonda sulla stimolazione meccanica delle pareti della pouch stessa che viene “stirata” da parte del cibo liquido, semiliquido e/o solido introdotto. Questo “stretching” di parete stimola dei meccanocettori che attraverso fibre nervose raggiungono i centri dell’appetito ipotalamici inducendo senso di sazietà (5). Il successivo mantenimento del senso di sazietà dipenderebbe dal costante mantenimento della piccola tasca gastrica e di un piccolo “outlet” gastrico. A sua volta il mantenimento del senso di sazieta’ dipende dal mantenimento di un certo grado di “stretching” di parete gastrica che avviene più precocemente quanto più piccola è la tasca gastrica e più piccolo l’”outlet”. Cio’ e’ dimostrato dal fatto che, se un paziente con intervento restrittivo viene mantenuto a digiuno per numerose ore, il senso di fame viene avvertito. E’ quindi comprensibile come le istruzioni dietetiche date ai pazienti con restrizione gastrica, soprattutto dopo bendaggio, siano fondamentali non solo per il raggiungimento del senso di sazietà, ma anche nel mantenimento del volume di restrizione e pertanto della perdita di peso. E’ infatti dimostrato che volumi di pasto superiori a 300 cc concorrono nella progressiva dilatazione della pouch e pertanto nel fallimento del mantenimento del calo di peso, e che nelle “pouch” ormai consolidate piu’ il pasto e’ solido, piu’ a lungo si mantiene il senso di sazietà (6). Per lo stesso motivo l’introduzione nella dieta di cibi liquidi o semi-liquidi ad alto contenuto calorico, determina fallimento della restrizione gastrica poiche’ la consistenza dell’alimento, dopo aver indotto un fugace senso di sazieta’ con il raggiungimento del riempimento della pouch, determina un rapido svuotamento della pouch attraverso l’outlet con conseguente ricomparsa di appetito. Da tutto cio’ si evince come la “compliance” di un paziente “responsabile” svolga un ruolo fondamentale per la riuscita di una restrizione gastrica.
La “pouch” ideale è pertanto quella di dimensioni stimate intorno ai 20-30 ml, capace di distendersi fino a contenere volumi massimali di 250 cc circa, che si mantenga inalterata nel tempo e che sia dotata di un “outlet” non troppo ristretto onde consentire il passaggio di alimenti solidi come carne e verdure, e nello stesso tempo non troppo largo da permettere un rapido svuotamento della “pouch” stessa con prematura perdita di sazietà (7).
Tra le più diffuse possibilità di “ridurre volumetricamente” lo stomaco allo scopo di indurre una rapida e precoce sazietà vi è il bendaggio gastrico regolabile (BGR). Esso non è altro che una protesi in silicone che viene posizionata attorno allo stomaco creando una tasca gastrica prossimale di circa 20-30 ml (Figura 1). La protesi è regolabile, cioè ha la possibilità di stringere od allargare il passaggio tra lo stomaco al di sopra e quello al di sotto del bendaggio (outlet); questo avviene in quanto il bendaggio è costituito da una camera di insufflazione che viene collegata ad una valvola, posizionata nel sottocute, attraverso un catetere. Tale procedurà è altamente mini-invasiva in quanto porta alla costituzione di una partitura gastrica orizzontale non definitiva, e pertanto reversibile e può essere eseguita chirurgicamente attraverso la via laparoscopica.
Una partitura gastrica verticale definitiva con sola sutura (Mason) o con sutura- sezione (MacLean) dello stomaco è rappresentata dalla cosiddetta gastroplastica verticale (GPV) (Figura 2 e 3). Tale procedura prevede la realizzazione di una tasca gastrica la cui capacita’ varia dai 15 ai 25 ml ottenuta mediante una sutura o sutura/sezione verticale lungo la piccola curva gastrica e comunicante con il restante stomaco attraverso un piccolo canale calibrato mediante una benderella protesica non regolabile e di materiale variabile (Marlex, Dacron, Silastic). Tale procedura presenta oggi minore diffusione rispetto al BGR in quanto intervento piu’ complesso e di difficile esecuzione per via laparoscopica, oltre che per la maggiore incidenza di complicanze.
MALASSORBIMENTO
Nei primi anni 70 quando le procedure malassorbidive rappresentate dai by-pass digiuno-ileali venivano fortemente criticate per la elevata incidenza di morbidità e mortalità, Scopinaro ha proposto la diversione bilio-pancreatica (DBP) come trattamento chirurgico dell’obesità patologica. Tale procedura è rappresentata da una gastrectomia distale con una lunga ricostruzione ad Y sec. Roux dove la gastro-enteroanastomosi viene confezionata utilizzando l’ileo distale (Figura 4) e completata in genere con una colecistectomia a prevenzione della frequente litiasi post-operatoria. La DBP determina un ritardato incontro del cibo con le secrezioni bilio-pancreatiche determinando una permanente riduzione della digestione e pertanto dell’assorbimento dei cibi ad alto contenuto calorico (grassi ed amidi), assicurando così un mantenimento della perdita di peso nel lungo termine (8). L’assorbimento dei cibi privi di contenuto calorico come acqua, elettroliti e vitamine indispensabili per una salutare nutrizione non viene alterato da tale procedura. La DBP ha un ampio range di applicazione attraverso la variazione della lunghezza dei vari segmenti intestinali e pertanto può creare vari gradi di malassorbimento intestinale di amidi, grassi e proteine. In tale modo questa procedura puo’ essere adattata alle caratteristiche di ciascun singolo paziente allo scopo di ottenere il miglior risultato possibile in termini di calo ponderale riducendo al minimo le complicanze (9).
RESTRIZIONE GASTRICA-MALASSORBIMENTO
I cosiddetti interventi misti associano alla riduzione della capacita’ gastrica la derivazione intestinale ottenendo vari gradi di malassorbimento intestinale. Tra questi il by-pass gastrico (BPG), sulla scia dell’esperienza maturata negli USA, è senza dubbio l’intervento che ha trovato maggiore diffusione in Europa visti gli ottimi risultati sul calo ponderale nel lungo termine. Consiste nella separazione definitiva dello stomaco con creazione di una piccola tasca gastrica di 25-30 ml. Tale pouch viene anastomizzata con il tratto alimentare di un’ansa digiunale sezionata tra 40 e 120 cm dal legamento di Treitz, mentre il tratto bilio-pancreatico viene anastomizzato tra 100 e 150 cm a valle dell’anastomosi gastro-digiunale (Figura 5). La perdita di peso si ottiene grazie alla “restrizione” gastrica e alla diminuzione dell’assorbimento intestinale che e’ tanto maggiore quanto più a valle è lo sbocco delle secrezioni bilio-pancreatiche. Il BPG induce un minor disagio alimentare per il paziente rispetto alle riduzioni gastriche “pure” come il BGR e la GPV e una minore incidenza di effetti collaterali e complicanze rispetto alla DBP (10).
INDICAZIONI
Nei casi di “restrizione gastrica pura” è comprensibile come sia compito dell’internista e soprattutto dello psicologo o dello psichiatra la scelta dei pazienti candidati ad intervento, al fine di identificare quel gruppo di obesi “complianti”, cioe’ in grado di fornire una sicurezza per quanto riguarda la capacita’ di accettare una riduzione degli introiti alimentari. Nelle indicazioni al trattamento chirurgico del paziente obeso con restrizione gastrica “pura”, fermo restando che vi deve essere una inefficacia della terapia non chirurgica protratta per almeno 6-12 mesi o una “ricaduta” dopo efficacia di una terapia dietetico-comportamentale o farmacologica, il grado di soprappeso rimane un indicatore di primaria importanza, cioè tale trattamento va riservato a pazienti con BMI ³ 40 o BMI ³ 35 se sono presenti co-morbidità. Mentre nell’obeso con ridotta tolleranza ai carboidrati, il calo di peso ottenuto con restrizione gastrica “pura” migliora o normalizza l’insulinemia, nell’obeso con diabete manifesto, espresso da anomalie della curva glicemica dopo carico di glucosio, procedure come il BPG e la DBP, hanno una maggiore efficacia sui parametri di utilizzazione del glucosio, cioè sulla glicemia a digiuno, sulla glicemia e sull‘insulinemia dopo carico orale di glucosio e sull’utilizzazione insulino-mediata del glucosio (11-12). L’ipertensione arteriosa va considerata complicanza “metabolica” dell’obesita’ per il suo rapporto patogenetico con l’iperinsulinemia; il calo ponderale ottenuto con una restrizione gastrica determina in genere una riduzione dei valori sia di pressione arteriosa sistolica che diastolica, soprattutto nelle ipertensioni lievi o di media entità, mentre interventi come il BPG e la DBP assicurano, una volta ottenuto il calo ponderale, un ripristino dei valori pressori anche nelle ipertensioni più severe (13). L’associazione tra obesità e dislipidemie, caratterizzate da ipertrigliceridemia, riduzione del colesterolo HDL e aumento del colesterolo LDL è un evento frequente, soprattutto nelle obesità viscerali. Procedure puramente restrittive hanno uno scarso effetto sulle dislipidemie, mentre tra il 50-70% dei pazienti sottoposti a BPG e nel 100% dei soggetti obesi trattati con DBP i livelli lipidici si normalizzano con il calo ponderale lasciando prevedere una significativa riduzione del rischio aterogeno (11). La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno è responsabile della sonnolenza diurna, di ipertensione arteriosa sistemica e di cuore polmonare cronico da ipertensione polmonare. Tale complicanza è legata probabilmente all’accumulo di adipe a livello perifaringeo e perilaringeo e con il calo ponderale scompaiono sia il russio intenso, sintomo di ostruzione dinamica delle vie respiratorie nel sonno, sia gli episodi apneici; il sonno notturno si ristruttura, scompare la sonnolenza diurna e si corregge l’ipertensione polmonare annullandosi anche il rischio di severi e pericolosi disturbi del ritmo cardiaco da ipossiemia miocardica notturna (14). Le artropatie indotte o aggravate dal sovraccarico sono particolarmente invalidanti nei soggetti obesi. La correzione del sovrappeso indotta da interventi bariatrici migliora la funzionalità osteo-articolare riducendo il grado di invalidità e permettendo interventi di protesi d’anca e di ginocchio (15) (prenota una visita ortopedica), tenendo pero’ presente che negli interventi malassorbitivi vi possono essere vari gradi di demineralizzazione ossea legati ad un ridotto assorbimento di calcio. Infine, soprattutto nelle femmine in giovane età, l’obesità viene spesso vissuta come rifiuto della propria immagine con diminuizione dell’autostima, difficoltà relazionali e rinuncia al confronto che rappresentano ostacoli ad una accettabile qualità di vita. Pertanto anche il disagio psicologico va considerato come indicazione all’intervento bariatrico, pur imponendo un qualificato approccio psicologico al fine di definire la reale causa del disagio (16). Ecco che mentre molte tecniche chirurgiche bariatriche vengono rigorosamente riservate a pazienti tra i 18 e 55 anni, la limitata invasivita’ di un BGR, soprattutto se eseguito con tecnica laparoscopica, fa si che il giudizio di operabilita’ si rifaccia per i pazienti in eta’ giovanile, indicativamente tra i 14 e 18 anni, alla maggiore o minore strutturazione psicologica e alla previsione delle conseguenze destrutturanti che la drastica modificazione dei comportamenti alimentari, le rapide modificazioni dell’immagine corporea e l’adeguatezza delle aspettative possono comportare sull’equilibrio psicologico del paziente. Allo stesso modo un’età superiore ai 55 anni costituisce una controindicazione solo teorica; in pratica si devono valutare sia i rischi indotti dall’obesità, in particolare il sovraccarico articolare specie nelle coxartrosi e, in previsione di interventi ortopedici protesici, il sovraccarico cardiocircolatorio (prenota una visita cardiologica) e respiratorio (prenota una visita pneumologica), sia per contro il rischio operatorio generico, la minore morbilità e mortalità dimostrata nella popolazione anziana in funzione del soprappeso, nonchè la minore compliance dell’anziano a interventi che modifichino lo stile di vita.
E’ evidente come la non accettazione di restrizioni dietetiche da parte del paziente, con assenza di compliance nel follow-up a lungo termine rappresenta la principale controindicazione a interventi restrittivi. Tale controindicazione deve essere supportata da una qualificata valutazione psicologica e nutrizionale pre-operatoria, la prima tendente oltre ad escludere storia pregressa o attuale di disordine psichiatrico severo, la seconda mirante a valutare le abitudini alimentari del paziente obeso che devono essere inquadrate nella tipologia dell’iperfagia sostanzialmente prandiale, escludendo i pazienti con disturbi del comportamento alimentare di tipo binge (accessi bulimici) o sweet (predilezione per i dolci). Anche i cosiddetti snackers, cioe quegli obesi con iperfagia e consumazione continuata di cibo al di fuori dell’orario consueto dei pasti, sono pazienti che rispondono scarsamente alla restrizione gastrica. Tali disturbi della condotta alimentare spesso si associano ad un profilo psicologico alterato ed è pertanto facilmente comprensibile come disordini psichiatrici, non certamente inquadrabili nelle frequenti forme di depressione, tipiche del paziente obeso, ma in situazioni di disadattamento legate a particolari condizioni quali l’alcolismo, rientrino tra le contro-indicazioni assolute a qualsiasi intervento bariatrico (28-30). Lo stesso vale per le malattie surrenaliche che vanno sistematicamente indagate con una valutazione endocrinologia con valutazione sia dei livelli ematici che urinari del cortisolo, sia basali che dopo soppressione.
COMPLICANZE
La Tabella 1 mostra le più frequenti complicanze dopo chirurgia dell’obesità. Queste dipendono e si diversificano tra loro in base al tipo di intervento eseguito, tenendo presente che molte, come ad esempio i laparoceli, sono oggi diminuite con l’introduzioni delle tecniche laparoscopiche, mentre altre, come i malposizionamenti dei BGR sono diretta consequenza degli accessi mini-invasivi e dipendono strettamente dalla curva di apprendimento e dall’esperienza del chirurgo. Alcune di queste complicanze, come la malnutrizione proteica dopo intervento malassorbitivo, sono gravi e responsabili di 0.5-5% di mortalità di cui è gravata in generale la chirurgia bariatrica (17).
Complicanze del Bendaggio Gastrico Regolabile
Gli interventi di posizionamento di bendaggio gastrico regolabile sono per la maggior parte eseguiti per via laparoscopica. Le complicanze per-operatorie variano tra lo 0.8% e l’1.5% a seconda delle casistiche e consistono essenzialmente di traumatismi del fegato sinistro spesso molto voluminoso, lesioni spleniche e perforazioni gastriche od esofagee durante la creazione del tunnel retrogastrico necessario per il posizionamento corretto del bendaggi. Tra le complicanze precoci vanno ricordate quelle legate sia a problemi di tecnica operatoria (perforazione gastrica, emorragia nel sito dei trocars) sia, nella maggior parte dei casi, a problemi del sito di impianto del sistema di regolazione (suppurazione od erroneo posizionamento del port). I problemi del sistema di regolazione del bendaggio richiedono in genere un re-intervento in anestesia locale. Le complicanze tardive del BGR sono le più frequenti e variano tra l’1.7 ed il 16% (18-19). La dilatazione della pouch gastrica si considera patologica quando una opacizzazione radiologica della stessa mostra chiaramente una tasca gastrica dilatata in presenza di sintomi ingravescenti di reflusso, vomito e intolleranza alimentare; in genere è secondaria a scivolamento verso il basso o slippage del bendaggio (2.7% dei casi) o a perdita della compliance alimentare del paziente che con la introduzione di eccessive quantita’ di alimenti porta ad una inevitabile dilatazione dello stomaco al di sopra del bendaggio che per le caratteristiche tissutali si distende progressivamente (3.4% dei casi). L’erosione del bendaggio è definita come una progressiva ulcerazione della parete gastrica a contatto con il bendaggio che raramente puo’ portare alla migrazione intragastrica del sistema; tale complicanza oggi si è ridotta allo 0.8% dei casi grazie a modifiche della tecnica operatoria e grazie ai migliori materiali di cui il BGR è costituito (20). Tra le complicanze tardive minori non va dimenticata la dilatazione esofagea isolata od associata a disfagia: ammonta allo 2.4% e 0.9% rispettivamente ed è essenzialmente legata o ad un errore tecnico di posizionamento troppo prossimale del bendaggio o ad una regolazione eccessiva della camera di insufflazione dello stesso (20). Non sono riportate complicanze di tipo nutrizionale dopo posizionamento di BGR. Le tabelle 2 e 3 riassumono molte delle complicanze riportate in letteratura da utilizzatori di bendaggio gastrico di tipo svedese. Le tabelle 4 e 5 mostrano come, in presenza di complicanze legate al bendaggio, circa 2/3 dei pazienti necessitano di revisione chirurgica, mentre in caso di complicanze legate al sistema port-catetere un re-intervento è pressocchè sempre necessario anche se questo viene per lo più eseguito in anestesia locale nella sede del port di regolazione.
Complicanze della Gastroplastica Verticale
Anche nella restrizione gastrica con GPV, soprattutto durante la curva di apprendimento laparoscopico, le lesioni della parete gastrica durante la creazione della finestra transgastrica e della milza possono in pochi casi essere responsabili di complicanze peri-operatorie, spesso causa di conversione in laparotomia (21). Tra le complicanze precoci vanno ricordate, con una frequenza del 5%, la deiscenza della sutura meccanica longitudinale con ricanalizzazione gastrica nelle gastrosplastiche sec. Mason e con peritonite nelle McLean. Tra gli interventi di chirurgia bariatrica la GPV, anche se per motivi a tuttoggi non ben conosciuti, sembra quella gravata dal più alto tasso di embolia polmonare post-operatoria (2%) (22). Tra le complicanze tardive (6-8%) l’erosione della benderella con migrazione intragastrica è un evento che si verifica tra lo 0.6% e il 24% dei casi, con una media del 2.7%, così come le stenosi dell’outlet con conseguente dilatazione della tasca gastrica che vanno dal 1.5% al 33% con una media del 6.5%. Una deiscenza della linea di sutura verticale può verificarsi anche tardivamente, maggiormente nelle gastroplatiche sec. Mason (12%) rispetto alle McLean, con una successiva ricanalizzazione gastrica, causa di riacquisto progressivo del peso (23). In presenza di queste complicanze il tasso di re-intervento è del 2-43%, mentre sempre più numerosi sono i casi di trasformazione di una GPV in BPG sia per il calo ponderale insufficiente nel lungo termine, sia per il sopraggiungere di alcune complicanze tardive (24).
Complicanze della Diversione Bilio-Pancreatica
Fermo restando che anche negli interventi puramente malassorbitivi si procede al confezionamento di anastomosi che possono essere gravate da un tasso di fistolizzazione con sviluppo di ascessi, peritoniti localizzate o diffuse in una percentuale globale del 1-2%, nella DBP esistono delle complicanze tardive specifiche, spesso di carattere puramente nutrizionale e talora gravi a tal punto da necessitare il re-intervento con accorciamento del by-pass bilio-pancreatico. L’anemia, causata piu’ spesso da un deficit primitivo di assorbimento intestinale di ferro che da un deficit di folati o vitamina B è presente soprattutto in quei pazienti con perdita cronica di ferro sia essa fisiologica che patologica. La sua incidenza si è ridotta dal 40% al 5% grazie alla somministrazione di ferro per via endovenosa e/o di folati (25).
Negli anni 80 lo sviluppo di ulcere stomali si verificava nel 12.5% dei casi soprattutto nei primi due anni dopo l’intervento. Oggi tale incidenza si e’ ridotta allo 8.3% semplicemente ampliando il grado di resezione gastrica e trattando i pazienti con inibitori della pompa protonica. Recenti studi sembrano dimostrare una ulteriore riduzione del tasso di incidenza di ulcere stomali al 3% grazie a miglioramenti della tecnica chirurgica consistenti nel confezionamento di anastomosi gastro-ileali termino-laterali anzichè latero-laterali e nel risparmio del legamento gastro-splenico assicurando cosi’ all’anastomosi una sufficiente vascolarizzazione (26).
Sebbene il duodeno e il digiuno prossimale siano i siti specifici di assorbimento del calcio che vengono esclusi dalla DBP, un minimo assorbimento del calcio avviene comunque; e, poichè l’assorbimento del calcio è direttamente proporzionale all’apporto esterno, i pazienti sottoposti a DBP vengono routinariamente trattati con dosi di almeno 2 gr/die. Comunque segni di moderata o severa demineralizzazione ossea si verificano soprattutto tra i 2 e 5 anni dall’intervento in circa il 50% dei pazienti trattati con DBP, anche se è stato recentemente dimostrato che il quadro istologico su biopsie delle ossa iliache, i livelli ematici del calcio e delle fosfatasi alcaline non differiscono significativamente nel paziente obeso prima e dopo l’intervento. Comunque il dolore osseo dovuto a demineralizzazione è ben controllato dal trattamento con calcio, vitamina D e difosfonati e risulta attualmente affliggere soltanto il 6% dei pazienti trattati con DBP (27). (Prenota una visita endocrinologica).
La complicanza più temibile degli interventi malassorbitivi rimane la malnutrizione proteica caratterizzata da ipo-albuminemia, anemia, edema, astenia severa ed alopecia. E’ stato stimato che una riduzione di circa il 30% dell’assorbimento proteico avviene di regola nei pazienti sottoposti a BPD, e che la perdita di azoto endogeno con le feci aumenta fino a 5g/die con un fabbisogno proteico giornaliero di 90 gr/die. E’ stato anche dimostrato che la malnutrizione proteica è tanto più frequente quanto piu’ ampia viene condotta la gastro-resezione e quanto più lungo è il tratto alimentare. Attualmente standardizzando la resezione gastrica tra i 250-400 ml, mantenendo un tratto alimentare tra 200 e i 250 cm ed un tratto comune di 50 cm, l’incidenza di malnutrizione proteica è scesa dal 30% al 2.7%, con un tasso di recidiva del 1% (28-31).
L’intervento di DBP èresponsabile frequentemente di effetti collaterali spesso poco accettati dai pazienti, ma che non vanno confusi con le complicanze sopra citate. Tra di essi l’alitosi che va attribuita al ristagno di alimenti indigeriti in uno stomaco virtualmente acloridrico e all’eliminazione di sostanze derivanti dal malassorbimento attraverso i polmoni. Tale effetto collaterale oggi è presente solo nel 5-10% dei pazienti grazie al meticoloso confezionamento dell’anastomosi gastro-intestinale che deve garantire un rapido svuotamento dello stomaco degli alimenti, ma soprattutto grazie alla somministrazione orale di enzimi pancreatici. L’alvo frequente con steatorrea, flatulenza e feci maleodoranti rientrano sempre tra gli effetti collaterali della DBP e sono presenti nella maggior parte dei pazienti talora inducendo l’insorgenza di complicanze fastidiose quali le emorroidi, le ragadi e le fissurazioni anali (32). I re-interventi dopo DBP consistono più raramente in degastro-gastroresezioni per insorgenza di stenosi od ulcere anastomotiche; più frequentemente si ricorre ad allungamenti del tratto comune o a ripristini della continuità intestinale. L’allungamento del tratto comune viene eseguito sia in presenza di malnutrizione proteica, sia in caso di perdita eccessiva del peso in pazienti con apporto nutritivo normale. Tale procedura può essere necessaria anche per far fronte ad una diarrea ingravescente spesso legata ad un eccessivo apporto di liquidi, associata o meno a malnutrizione proteica, sia nei pazienti con alvo frequente e inacettabile flatulenza maleodorante. In questi casi l’allungamento del tratto comune deve essere eseguito a spese del tratto bilio-pancreatico ed ha lo scopo di aumentare l’assorbimento proteico, di amidi e di acqua, sostanze che vengono assorbite nel segmento intestinale compreso tra la gastroenteroanastomosi e la valvola ileo-cecale. Se invece la diarrea è legata ad un eccessiva perdita di sali biliari con le feci e pertanto migliorabile con la somministrazione di colestiramina, l’allungamento del tratto comune va eseguito a spese del tratto alimentare. L’unica indicazione al ripristino della continuità intestinale è rappresentata dalla malnutrizione proteica ricorrente o dall’eccessiva perdita di peso dovuta al persistere di una sindrome post-prandiale. Lo scopo, in questo caso, è quello di ripristinare un normale assorbimento intestinale in un soggetto che manterrà la sua perdita di peso legata ad una permanente riduzione dell’apporto di cibo. Infine in alcuni casi il ricorso al ripristino della continuita’ intestinale fisiologica si rende necessario qualora sopraggiungano patologie che possono aggravarsi con il malassorbimento quali la cirrosi epatica, la sindrome nefrosica, le neoplasie e le psicosi gravi (33).
Complicanze del By-Pass Gastrico
Anche nei BPG laparoscopici le complicanze legate ad un leakage anastomotico possono sfociare in quadri settici con ascessi localizzati o peritoniti diffuse in base all’entita’ della fistolizzazione. Sono complicanze anch’esse legate ad una curva di apprendimento della tecnica laparoscopica (1-10% dei casi) (34). Le percentuali di conversione laparotomica esponendo il paziente a complicanze future quali i laparoceli sono anch’esse maggiori all’inizio dell’esperienza, raggiungendo talora il 25% (35). Tra le complicanze tardive le stenosi anastomotiche gastro-digiunali (> nelle anastomosi meccaniche rispetto a quelle manuali) sono presenti nel 2-35% delle casistiche, maggiori nelle anastomosi meccaniche circolari rispetto alle lineari (36). Tutti gli autori sottolineano la facilita’ a trattare tale complicanza con dilatazioni pneumatiche endoscopiche. L’ulcera anastomotica post-operatoria varia tra l’1% e il 13% e dipende spesso dalla vascolarizzazione del moncone gastrico e dal sito di anastomosi gastrodigiunale. Le occlusioni intestinali rappresentano una complicanza tardiva del BPG non tanto per il verificarsi di aderenze o briglie, quanto per il formarsi di ernie interne attraverso lo spazio di Pedersen (spazio compreso tra l’ansa alimentare antecolica ed il colon traverso) o a livello del meso in corrispondenza dell’anastomosi digiuno-digiunale ai piedi dell’ansa alimentare. Tali ernie che ammontano a circa il 16% possono essere prevenute dalla chiusura di tali spazi una volta completato il BPG (37). Le piu’ ampie casistiche che riportano dati su migliaia di BPG eseguiti negli USA ci informano circa la possibilita’ del verificarsi di emorragie sia dal moncone gastrico in corrispondenza della linea di sutura meccanica (2-5%), sia dal cosiddetto remnant gastrico (3-4%). Tali sanguinamenti sono raramente causa di re-intervento e in genere si risolvono spontaneamente.
Rari sono gli studi che attestano complicanze metabolico-nutrizionali e funzionali dopo corto-circuito gastrico. La diarrea, associata o meno a dumping sindrome, si ritrova nel 5-40% dei casi, mentre gli episodi di vomito sono riferiti molto piu’ raramente (1-4%) che negli altri interventi bariatrici che prevedono una restrizione gastrica. Emissione di feci maleodoranti ed oleose si verifica nei cosiddetti “long-limb” by-pass dove l’anastomosi tra l’ansa bilio-pancreatica e quella alimentare viene eseguita oltre i 200 cm allo scopo di aumentare la funzione malassorbitiva del by-pass. Si tratta comunque come nelle DBP di effetti collaterali e non di complicanze, legate ad una emissione con le feci di grassi ed amidi parzialmente indigeriti. Contrariamente alle altre tecniche restrittive il reflusso gastro-esofageo e’ assente dopo BPG e se pre-esistente in genere si risolve in quanto il principio dell’ansa ad Y rende impossibile il reflusso stesso. Tra le complicanze nutrizionali vanno citate le carenze di ferro, vitamina B 12 e folati che comunque vengono somministrati ai pazienti sottoposti a BPG al fine di prevenire l’anemia.
CONCLUSIONI
L’obiettivo della chirurgia bariatrica è quello di ottenere con la mortalità e morbidità più bassa possibile, una perdita di peso significativa a lungo termine. Il confronto tra le varie tecniche chirurgiche bariatriche, sotto il profilo dell’efficacia nel lungo tremine, è ovviamente a favore degli interventi malassorbitivi rispetto a quelli puramente restrittivi. Ciononostante in presenza di corrette indicazioni riguardanti l’età, il comportamento alimentare, il grado di obesità e le co-morbidità presenti, ogni tipo di intervento ha un proprio ruolo con effetti duraturi sul calo ponderale, con percentuali di EWL (perdita di eccesso di peso) compresi tra il 50% e l’90% a 5 anni. Ogni procedura ha complicanze talora rischiose e potenzialmente mortali; la loro conoscenza fa si che il chirurgo bariatra apporti accorgimenti di tecnica e di terapia per prevenirle; la conoscenza dei mezzi a disposizione per trattare tali complicanze quando si sono sviluppate ha comunque sempre più ridotto la mortalità post-operatoria rendendo oggigiorno il rapporto rischio-beneficio più che accettabile.
Dott. Anselmino Marco
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GIU
2011