ENCEFALOPATIA DI HASHIMOTO
Encefalopatia da Hashimoto indica una sofferenza dell’encefalo dovuta ad Hashimoto.
DEFINIZIONE ENCEFALOPATIA HASHIMOTO
Il termine encefalopatia indica una sofferenza acuta, sub-acuta o cronica dell’encefalo.
Sia una tireotossicosi severa che un marcato ipotiroidismo possono influenzare la funzione cerebrale, come osservato nelle condizioni di tempesta tiroidea o coma mixedematoso, ma nei pazienti affetti da tireopatie autoimmuni possono manifestarsi alterazioni neurologiche anche indipendentemente dalla quantità di ormoni tiroidei sintetizzati e secreti dalla tiroide.
L’encefalopatia associata alla malattia autoimmune della tiroide, attualmente nota come “Encefalopatia di Hashimoto”, ma definita anche come “Encefalopatia responsiva ai corticosteroidi associata alla tiroidite autoimmune”, è un termine utilizzato per descrivere un’encefalopatia di presunta origine autoimmune caratterizzata da elevati titoli di anticorpi anti-tiroidei.
EPIDEMIOLOGIA ENCEFALOPATIA HASHIMOTO
L’encefalopatia di Hashimoto è una malattia rara: descritta per la prima volta da Brain et al. nel 1966, finora ne sono stati segnalati circa 200 casi, sia negli adulti che nei bambini.
La sua prevalenza è di 2.1 casi su 100.000 abitanti, con un rapporto M:F di circa 1:5, e un’età media di esordio compresa tra 45 e 55 anni.
La maggior parte dei casi che presentano questa complicazione neurologica sono affetti dalla tiroidite di Hashimoto o, meno frequentemente, da altre tireopatie autoimmuni, principalmente dalla malattia di Basedow-Graves.
EZIOPATOGENESI ENCEFALOPATIA HASHIMOTO
Nonostante sia stato riconosciuto un legame con le tireopatie autoimmuni, la patogenesi di questa encefalopatia è ancora sconosciuta e ampiamente dibattuta, a causa di una presentazione clinica estremamente varia, come confermato dai casi clinici riportati in letteratura.
L’eziologia autoimmune è, tuttavia, molto probabile in considerazione della risposta favorevole alla somministrazione di corticosteroidi. Il meccanismo patogenetico più probabile è rappresentato dall’autoimmunità diretta contro antigeni cerebrali cross-reagenti con gli antigeni tiroidei verso cui è rivolta la risposta auto-immunitaria; l’esposizione degli antigeni cerebrali può essere conseguente ad infezioni o malattie neoplastiche. Rari i casi descritti in seguito a terapie oncologiche con immunomodulatori.
Alcuni autori hanno ipotizzato che l’encefalopatia di Hashimoto possa essere inclusa in un gruppo di meningo-encefalopatie infiammatorie autoimmuni non vasculitiche, in disaccordo con chi ritiene che tra le ipotesi patogenetiche la più accreditata sia quella vasculitica, da deposito di immunocomplessi circolanti, come sembrerebbero suggerire alcuni rilievi autoptici che hanno evidenziato infiltrazione linfocitica e vasculite nel tessuto cerebrale dei pazienti affetti da encefalopatia di Hashimoto.
CLINICA ENCEFALOPATIA HASHIMOTO
Tale condizione si presenta come un’encefalopatia subacuta, con decorso recidivante-remittente, caratterizzata da sintomi neurologici e neuropsichiatrici correlati con la sede anatomica delle lesioni infiammatorie.
Le manifestazioni cliniche comprendono epilessia e disturbi della coscienza (51%), deterioramento cognitivo con perdita di memoria (48%), mioclono (32%), allucinazioni e sintomi psicotici (26%), episodi simil-ictali (21%), tremori e movimenti involontari (12%), disturbi del linguaggio (8%) e compromissione della deambulazione (6%).
Nella popolazione pediatrica, i sintomi più comuni sono epilessia e disturbi della coscienza, cefalea ed allucinazioni. Si può osservare, inoltre, un progressivo declino cognitivo con conseguente calo delle prestazioni scolastiche.
E’ importante sottolineare che sono state segnalate numerose forme di crisi epilettiche refrattarie alla terapia in età giovanile conseguenti a tale condizione. Sebbene l’encefalopatia di Hashimoto sia una patologia molto rara, in particolare in età pediatrica, è importante sospettarla in tutte quelle circostanze di deterioramento subacuto neurologico, eventualmente associato a manifestazioni psichiatriche atipiche, in assenza di dati compatibili con le altre principali cause di encefalopatia. (Prenota una visita pediatrica)
DIAGNOSI ENCEFALOPATIA HASHIMOTO
Tale condizione si presenta come un’encefalopatia caratterizzata da sintomi neurologici e neuropsichiatrici, diffuse anomalie elettroencefalografiche e aumento dei titoli di anticorpi antitiroidei nel siero e/o nel liquido cerebrospinale.
La diagnosi viene effettuata in primo luogo escludendo altre cause tossiche, metaboliche ed infettive di encefalopatia mediante EEG (prenota un elettroencefalogramma), esami di neuroimaging e analisi del liquido cefalo-rachidiano. In corso di encefalite di Hashimoto sono state segnalate anormalità elettroencefalografiche con, di solito, normalità del quadro neuroradiologico. Il principale ruolo degli esami di neuroimaging è quello di escludere altre possibili cause di encefalopatia. Prenota una visita neurologica.
L’esame del liquor rivela spesso alterazioni di tipo infiammatorio, con iperproteinorrachia, aumentata produzione intratecale di IgG di tipo oligoclonale ed elevate concentrazioni liquorali di anticorpi anti-tiroide (AbTPO e AbTg).
Gli esami di funzionalità tiroidea (TSH, FT4 ed FT3) sono nella norma nel 30% dei casi, mentre possono essere indicativi di un’alterazione funzionale, indipendente dal quadro clinico, nel restante 70%, descrivendo un quadro di ipotiroidismo subclinico nel 35% dei casi, di ipotiroidismo manifesto nel 20% ed, infine, di ipertiroidismo nel restante 7%.
Nel contesto del tipico quadro clinico, un elevato titolo di anticorpi antitiroidei, in particolare anticorpi anti-tireoperossidasi, può essere considerato diagnostico. Prenota una visita endocrinologica.
I criteri diagnostici per l’encefalopatia di Hashimoto includono:
- Esclusione di altre cause tossiche, metaboliche ed infettive di encefalopatia;
- Eutiroidismo o alterazione funzionale tiroidea che non giustifica la sintomatologia e le caratteristiche di esordio e progressione della stessa;
- Associazione con malattie autoimmuni della tiroide con elevato titolo di anticorpi anti-TPO nel plasma;
- Risposta favorevole alla terapia corticosteroidea.
TRATTAMENTO E CONTROLLO ENCEFALOPATIA HASHIMOTO
La terapia con corticosteroidi, dapprima in infusione endovenosa e successivamente per os con riduzione posologica progressiva, rappresenta il trattamento di prima scelta e consente di ottenere una rapida remissione dei sintomi della malattia con repentino miglioramento del quadro clinico neurologico. Prenota una visita neurologica.
Sono stati proposti vari regimi di trattamento. Secondo la letteratura, è raccomandata l’infusione ev di metilprednisolone 1000 mg/die per 3-5 giorni. Chang et al, in uno studio condotto su pazienti cinesi, suggeriscono di ridurre la dose raccomandata di metilprednisolone a 500 mg/die da infondere ev per 3 giorni, per ridurre l’incidenza della sindrome di Cushing iatrogena e il rischio di osteoporosi. I sintomi neurologici di solito rispondono al trattamento entro 1 settimana.
Per i pazienti con una recidiva sintomatologica, l’efficacia del trattamento corticosteroideo rimane buona. Nei pazienti con recidive frequenti, può essere presa in considerazione la combinazione di prednisone orale (1 mg/kg/die) dopo un trattamento corticosteroideo ad alte dosi, con progressiva riduzione posologica fino alla sospensione dopo 6-12 mesi, a seconda dell’evoluzione clinica e della responsività.
Nei pazienti con una scarsa risposta ai corticosteroidi, sono state proposte terapia alternative con Azatioprina, Ciclofosfamide, Plaquenil, Metotrexate, infusione ev di immunoglobuline e plasmaferesi.
Il secondo approccio terapeutico proposto si basa sull’utilizzo della levotiroxina o di un farmaco antitiroideo al fine di ripristinare e mantenere uno stato di eutiroidismo.
Infine, in caso di crisi epilettiche deve essere considerato l’utilizzo del farmaco anti-epilettico più adeguato, così come, in caso di edema cerebrale, l’infusione di mannitolo può essere di beneficio per ridurre la pressione intracranica.
E’ stato riportato in letteratura un incremento della proteinorrachia durante le riacutizzazioni con normalizzazione della stessa in corso di remissione.
La normalizzazione dell’EEG si verifica circa 2 settimane dopo il miglioramento clinico. Prenota un EEG.
Tale condizione, se prontamente individuata e adeguatamente trattata, ha una buona prognosi.
Prenota un consulto endocrinologico su questo argomento.
Dott.ssa Silvia Carocci
e
Dott. Massimiliano Andrioli
Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio
Centro EndocrinologiaOggi, Roma
viale Somalia 33A, Roma
tel/fax 0686391386
cell 3337831426
Studio EndocrinologiaOggi, Lecce
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APR
2018