IPOTIROIDISMO NELL’ANZIANO
INTRODUZIONE
Negli ultimi decenni, la percentuale di soggetti con età ≥65 anni è aumentata, raggiungendo l’8,5% della popolazione totale nel 2015; entro il 2030, la popolazione over 65 dovrebbe raggiungere 1 miliardo di unità, circa il 12-13% della popolazione totale, e per la prima volta nella storia, le persone di età pari o superiore a 65 anni saranno più numerose dei bambini sotto i 5 anni. Il maggior contributo numerico all’incremento demografico della popolazione anziana è fornito dai soggetti con età ≥85 anni e tale numero è destinato a crescere a causa dell’aumento dell’aspettativa di vita.
L’ipotiroidismo è una condizione morbosa caratterizzata da un’insufficiente azione degli ormoni tiroidei a livello tissutale. L’ipotiroidismo subclinico è caratterizzato da un incremento del TSH associato a normali concentrazioni delle frazioni libere degli ormoni tiroidei e può essere lieve (TSH 4,5-9,9 U/L) o grave (TSH ≥10 U/L), mentre l’ipotiroidismo manifesto descrive una condizione più grave, in cui le concentrazioni sieriche degli ormoni tiroidei liberi sono al di fuori dei loro range di riferimento.
EPIDEMIOLOGIA
La prevalenza dell’ipotirodismo aumenta con l’età, con il 2% circa degli adulti di età superiore ai 65 anni affetti da ipotiroidismo conclamato. La prevalenza di ipotiroidismo subclinico negli adulti di età superiore ai 65 anni si aggira, invece, intorno al 14%, assumendo 4,5 mIU/L come limite superiore della norma per il TSH.
Nel paziente anziano la presenza dei segni e sintomi attribuibili al processo di invecchiamento può rendere difficoltosa l’individuazione di quelli legati all’ipotiroidismo a causa della loro similarità e della presentazione spesso attenuata di questi ultimi. Nell’anziano, però, l’ipotiroidismo può avere anche un’insorgenza atipica con comparsa di alterazioni del ritmo cardiaco e dei valori pressori e sintomi muscoloscheletrici predominanti. (Prenota una visita specialistica cardiologica).
La gestione dell’ipotiroidismo nel paziente anziano è complicata non solamente dalla presentazione clinica sfumata o atipica che ne può ritardare la diagnosi, ma anche e soprattutto dall’interpretazione degli esami di funzionalità tiroidea in funzione delle modificazioni prodotte dall’invecchiamento, finalizzata all’individuazione dei pazienti candidati ad un trattamento sostitutivo.
FISIOPATOLOGIA
Il TSH tende fisiologicamente ad aumentare con l’età. Gli studi riportati in letteratura concordano sul fatto che tale aumento non rifletta l’aumento della prevalenza della disfunzione tiroidea con l’invecchiamento. È stato ipotizzato che lo slittamento del TSH a livelli più alti possa riflettere la diminuita sensibilità dell’ipofisi al feedback negativo esercitato dagli ormoni tiroidei, la diminuzione dell’attività biologica della molecola del TSH o della sensibilità della ghiandola tiroidea alla sua azione.
GESTIONE
Queste evidenze rappresentano il razionale per il quale è stato proposto da più autori l’uso di un range di riferimento specifico per età per il TSH, al fine di evitare che i pazienti vengano classificati erroneamente come affetti da disfunzione tiroidea subclinica, con conseguente sovrastima potenziale della prevalenza di tale condizione in questa popolazione.
Sebbene limiti di riferimento del TSH differenziati per popolazioni specifiche per età non siano abitualmente utilizzati per identificare la disfunzione tiroidea negli anziani, sulla base delle attuali evidenze riportate in letteratura, in soggetti con età compresa tra i 70 e gli 80 anni, è ragionevole mantenere il TSH sierico su un obiettivo compreso tra 4 e 7 mIU/L.
Anche le linee guida dell’European Thyroid Association propongono un obiettivo terapeutico più elevato per il TSH sierico nei pazienti più anziani (>70-75 anni) rispetto agli adulti più giovani.
Negli ultimi anni numerosi studi hanno affrontato la questione della terapia sostitutiva dell’ipotiroidismo nell’anziano.
In un recente lavoro condotto da Ruggeri et al. tale condizione è stata affrontata dedicando particolare attenzione al concetto di “fragilità”, definita come una condizione di vulnerabilità legata all’età e al conseguente declino delle riserve fisiologiche, caratterizzato da una ridotta resistenza agli stress. Prendersi cura delle persone fragili più anziane rappresenta una sfida, dal momento che gli anziani differiscono significativamente dagli adulti più giovani in termini di comorbilità, polifarmacoterapia, farmacocinetica e maggiore vulnerabilità alle reazioni avverse ai farmaci. Criteri specifici di appropriatezza terapeutica e obiettivi di cura modificati sono necessari in questi pazienti, anche in contesti di assistenza endocrinologica. Il costante incremento del numero degli anziani con età >85 anni rende tale problematica estremamente attuale. Da un’analisi della letteratura e delle attuali linee guida, gli autori hanno estrapolato indicazioni specifiche per l’avvio del trattamento sostitutivo con L-tiroxina nell’anziano fragile, per il quale è necessario tenere conto del grado di disfunzione tiroidea,
dell’età del paziente e della sua aspettativa di vita, dell’eventuale coesistenza di fattori di rischio e comorbilità al fine di evitare prescrizioni inappropriate.
Come riportato dalle linee guida ETA e da altri studi pubblicati recentemente, al fine di affrontare il processo decisionale, è necessario classificare i pazienti affetti da ipotiroidismo subclinico per età. Un approccio attendista con un attento monitoraggio della funzione tiroidea viene proposto in pazienti molto anziani (> 85 anni), evitando la terapia sostitutiva, specialmente in presenza di un TSH <10 IU/L. Sono suggeriti due diversi algoritmi di gestione per gli individui di età superiore a 70 anni: viene proposto di non trattare individui ≥70 anni in presenza di un TSH <10 IU / L, senza considerare i sintomi di ipotiroidismo, a differenza di quanto suggerito per i giovani adulti. Per i gradi più severi di elevazione del TSH (≥10 IU/mL), il trattamento deve essere preso in considerazione se si riscontrano chiari sintomi di ipotiroidismo e/o un elevato rischio cardiovascolare. (Prenota una visita specialistica cardiologica).
Mentre negli adulti più giovani è stata dimostrata un’associazione tra ipotiroidismo ed alterazioni lipidiche e cardiache con conseguente aumento del rischio cardiovascolare, che può regredire parzialmente ad opera della terapia ormonale sostitutiva, la maggior parte degli studi eseguiti su popolazioni anziane non ha mostrato un’associazione così chiara, suggerendo che l’onere della lieve insufficienza funzionale tiroidea sugli esiti cardiovascolari diventi sempre meno rilevante con l’aumentare dell’età fino alla quasi totale estinzione nei soggetti >80-85 anni. Inoltre, l’impatto sui fattori di rischio cardiovascolari esercitato dalla terapia sostitutiva è sostanzialmente influenzato dall’età, risultando meno evidente nella popolazione anziana.
TERAPIA
Qualora risultasse opportuno trattare il paziente anziano, la levotiroxina orale, somministrata giornalmente, è il trattamento di prima scelta. Le linee guida dell’American Thyroid Association suggeriscono di iniziare la terapia sostitutiva con levotiroxina a basse dosi con titolazioni graduali sulla base dei valori di TSH e della presenza/assenza di sintomi ed eventi avversi nei pazienti anziani e in quelli con fattori di rischio cardiovascolare o coesistente comorbidità cardiovascolare (condizioni rilevate più frequentemente nella popolazione con età >65 aa). (Prenota una visita specialistica cardiologica).
Le evidenze riportate in letteratura dimostrano che la dose finale di LT4 necessaria a normalizzare il TSH sierico è generalmente più bassa negli anziani rispetto ai più giovani; ciò correla con la ridotta clearance della levotiroxina per decremento della massa magra e diminuita attività della 5’-desiodasi. Tuttavia, è importante sottolineare che la presenza di fattori interferenti, riscontrati più frequentemente negli anziani, in grado di ridurre l’assorbimento o l’azione degli ormoni tiroidei (comorbidità e/o terapie polifarmacologiche), può mascherare se non contrastare il ridotto fabbisogno della levotiroxina.
Gli anziani sono, inoltre, più suscettibili agli effetti negativi dell’eccesso di ormone tiroideo, per cui in questa popolazione è essenziale evitare la tireotossicosi iatrogena.
E’ stato stimato che i pazienti con ipotiroidismo più anziani hanno bisogno di circa il 25% in meno di LT4 rispetto a quelli più giovani e che l’emivita media della levotiroxina aumenta con l’età, passando dai 6,7 giorni per gli adulti di 18-27 anni ai circa 9 giorni per quelli con età ≥65 anni.
Basandosi su tutte le evidenze sopra riportate, dosi iniziali di 25-50 μg/die sono suggerite in soggetti >65 anni mentre dosi inferiori, pari a 12,5 μg/die, con un progressivo aumento di 12,5 μg/die ogni 4-6 settimane, sono raccomandate in soggetti con età >75-80 anni con ipotiroidismo grave.
Negli ultimi anni sono divenute disponibili formulazioni alternative di levotiroxina che hanno rapidamente catturato l’attenzione per le loro proprietà farmacocinetiche: la formulazione liquida in cui la levotiroxina è disciolta in glicerolo ed etanolo e le capsule in soft gel contenenti levotiroxina disciolta in glicerina rivestita da uno strato di gel.
L’assorbimento della formulazione liquida è un processo che avviene in un’unica fase, senza dover passare attraverso la fase di dissoluzione della compressa. Ciò comporta una minore interferenza da parte del pH gastrico e una maggiore velocità di assorbimento. Anche le capsule di gelatina presentano un profilo di dissoluzione più costante e subiscono una minor interferenza da parte del pH gastrico, presentando una maggiore velocità di assorbimento rispetto alle compresse. Le caratteristiche delle nuove formulazioni permettono di raggiungere il target terapeutico in un maggior numero di pazienti.
Le linee guida dell’Endocrine Practice suggeriscono, al fine di scegliere la formulazione più idonea al paziente, di valutare l’eventuale contemporanea assunzione della levotiroxina con cibo e bevande, l’orario in cui la levotiroxina viene assunta, la presenza di comorbidità gastrointestinali e, di fondamentale importanza soprattutto nel paziente anziano, l’utilizzo di farmaci potenzialmente interferenti.
Lo studio osservazionale della durata di 5 anni condotto da Cappelli et al su 417 pazienti di età superiore ai 65 anni trattati con levotiroxina in eutiroidismo al momento dell’arruolamento ha dimostrato la maggiore stabilità del profilo ormonale tiroideo nei pazienti anziani trattati con levotiroxina in formulazione liquida rispetto alle compresse.
MONITORAGGIO
La valutazione del TSH va fatta 4-6 settimane dopo ogni modifica del dosaggio. Infine, una volta raggiunto l’obiettivo terapeutico, il TSH sierico deve essere regolarmente monitorato almeno una volta all’anno. Oltre al TSH, al fine di valutare l’adeguatezza della terapia nei soggetti anziani, deve essere presa in considerazione la valutazione dell’FT4 sierico che dovrebbe essere mantenuto intorno ai valori medi dell’intervallo di riferimento. Il monitoraggio regolare della funzione tiroidea è particolarmente rilevante per i pazienti più anziani e fragili, poiché più suscettibili agli effetti avversi cardiovascolari e scheletrici dell’over-treatment con levotiroxina. Sono necessarie valutazioni più frequenti della funzionalità tiroidea in pazienti che assumono farmaci interferenti, in quelli con malassorbimento e nei soggetti che hanno manifestato un calo ponderale.
Prenota una visita specialistica endocrinologica in merito a questo argomento.
Dott.ssa Silvia Carocci
e
Dott. Massimiliano Andrioli
Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio
Centro EndocrinologiaOggi, Roma
viale Somalia 33A, Roma
tel/fax 0686391386
cell 3337831426
Studio EndocrinologiaOggi, Lecce
via Ruffano 4, Casarano (Lecce)
tel/fax 0686391386
cell 3337831426
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SET
2018